Carlo (nome di fantasia) è un quarantenne originario di un paese della provincia di Bergamo. Sposato, separato, con una figlia di dieci anni, attualmente vive con la famiglia di origine.
Provengo da una famiglia normale, un padre e una madre operai, ero un bambino vivace con poca voglia di studiare (sono stato bocciato in terza media) ma impegnato in quelle che erano le attività dell’oratorio e le attività sportive.
Con l’adolescenza i primi problemi, le prime compagnie le prime esperienze “al limite”, i primi contatti con l’alcol, i primi consumi di cannabinoidi in compagnia. Il calcio la grande passione continua ad essere coltivata, arriva a giocare in promozione ma con l’andare del tempo lo stile di vita sempre più “al limite” mal si coniugava con le prestazioni calcistiche.
Attorno ai 23 anni, le prime esperienze con la cocaina, per un paio d’anni episodi saltuari, in genere nei fine settimana, fino a quando una sera d’estate, in un posto di blocco viene perquisito, trovato in possesso di una modica quantità di cocaina e segnalato alla Prefettura per art. 75/DPR 309/90. Questo evento è stato un brusco risveglio per alcuni anni, non ha più utilizzato cocaina, si è fidanzato e sposato con una ragazza di poco più giovane.
“Poi.. nel nuovo posto di lavoro, che nel frattempo avevo cambiato, mi trovo di nuovo a contatto con la cocaina… inizialmente un’esperienza ludica con i nuovi colleghi poi, in poco tempo, una caduta vertiginosa fino a 3 grammi al giorno. Nemmeno l’esperienza della paternità mi aiuta a smettere, anzi quasi sembra che mi disequilibri ancora di più“.
Servono sempre più soldi per la cocaina ed allora prova con le “macchinette” dei bar, alla ricerca illusoria dei 100 euro per comprare la sostanza. In poco tempo, tutto diventa un rito: l’acquisto di cocaina, l’utilizzo della stessa e le lunghe nottate in solitaria passate davanti alle “slot machine”, prima nei bar e, quando questi chiudevano, nelle nuove sale slot che spesso facevano orari continuati.
Questa situazione di totale assenza porta la moglie a decidere per la separazione, comincia ad accumulare debiti con diverse persone (amici e non), la famiglia ne viene a conoscenza “messo alle strette mi limito a raccontare del gioco ma non della cocaina. Inizio a frequentare il Sert di Bergamo per il gioco d’azzardo il quale mi consiglia il Gruppo per giocatori della Comunità Emmaus”.
Anche qui non me la sento di raccontare tutto, però scopro un mondo che non conoscevo, inizio a frequentare gli incontri ma vengo in contatto anche con gli operatori e i ragazzi della Comunità Semi-residenziale.
Fin quando una mattina di giugno dopo una nottata delle solite, fatta di cocaina e gioco mi viene naturale andare verso la Comunità anziché verso casa, in un attimo riesco a raccontare tutto ed a mettere sul tavolo anche i problemi con la cocaina…
In accordo con il Sert di Bergamo, inizio a frequentare la Comunità Semiresidenziale, vengo attratto dalla possibilità di costruire una “casa” che non mi costringe ad allontanarmi dalla mia, anzi mi da una nuova appartenenza.
Trovare una casa fuori mi sta aiutando a trovarne una dentro di me. Oggi con l’aiuto di operatori e “compagni di viaggio” ho trovato un mio equilibrio, ho riscoperto il gusto di essere padre. Nonostante le fatiche cerco di affrontare le difficoltà di ogni giorno a viso scoperto, senza rimettere in atto i meccanismi di fuga che caratterizzavano l’esperienza con le sostanze ed il gioco.
A volte è difficile condividere con chi non conosce le comunità il significato e l’importanza che sta dietro ai più semplici gesti della quotidianità (preparare il pranzo e la cena, tenere pulito, coltivare l’orto, ecc.) che sono invece strumenti fondamentali di condivisione e consentono di ri-attribuire senso alle cose di tutti i giorni.
Entrare in questi percorsi vuol dire condividere con gli altri le tue esperienze, le tue emozioni, confrontarsi rispetto alle esperienze di tutti i giorni, fare tua ed imparare dall’esperienza degli altri, condividere la tua per essere utile a chi hai accanto nel cammino.
Può essere difficile, dopo una giornata di lavoro, venire in comunità, costa fatica, a volte sarebbe più facile andare a casa a riposare, ma lo spazio affettivo e di condivisione che si crea, le amicizie costruite diventano un buon motivo per superare le fatiche.